3. Al Venerando Clero salute e benedizione.

Febbraio 1912

   

Febbraio 1912 

 

 

 

Al Venerando Clero salute e benedizione.

 

 

 

I

 

n mezzo ai molteplici pesi del Nostro pastorale ministero, il conforto maggiore che noi possiamo desiderare è senza dubbio quello di trovarci uniti nel pensiero e nell’opera con voi dilettissimi fratelli nel Signore; con voi, che come siete compagni nel lavoro, dovete essere senz’altro partecipi nel gaudio e nella corona. E ben possiamo consolarci, che specialmente in occasione della Visita Pastorale da noi già incominciata e compiuta in varii paesi della Diocesi, abbiamo potuto constatare col fatto, che, salve poche eccezioni, avete adoperato tutti gli sforzi per mostrarvi all’altezza della vostra missione, sia nel culto della casa del Signore, sia nella coltivazione delle anime, che è la mistica vigna di Gesù Cristo alle vostre cure affidata.

Nel mentre pertanto ve ne rendiamo col cuore commosso le grazie più sentite, ci permettiamo di esporvi i nostri desiderii, che certo per voi saranno sprone a ben fare, ed a continuare il bene con tanta premura incominciato.

E prima di tutto, anzi più di ogni altra cosa, mi sta a cuore la vostra santificazione.  E’ proprio umiliante per me, povero e meschinissimo sacerdote, il dover ammonire ed esortare gli altri in cose, che dovrei prima esporre coll’esempio, che predicare con la parola.  Ma, sebben conscio della mia indegnità, sento però che mancherei gravemente al peso impostomi dal mio ministero di Vescovo, se non mi adoperassi con tutti i mezzi a conseguire la santificazione dell’ordine Sacerdotale, che è fondamento di tutto il nostro apostolato, ed è per questo che a voi in modo particolarissimo raccomando la preghiera, che è la chiave d’oro per aprire il cielo. E’ questa carissimi, l’obbligazione che prima c’incombe: Inter vestibolum et altare plorabunt sacerdotes ministri Domini1 (fra il vestibolo e l’altare imploreranno i sacerdoti ministri del Signore). 

Ma fra tutte le preghiere, quella che più importa sia ben recitata dal Sacerdoti è l’ufficio divino.  Esso è l’obbligo sacrosanto che in nome della Chiesa ogni chierico in sacris constitutus (insignito di un ordine sacro) deve quotidianamente soddisfare: e reo di gravissima colpa si rende quel ministro dell’altare il quale senza adeguato motivo non paga questo tributo che è il sacrificium laudis2 (sacrificio di lode) dovuto da ogni sacerdote al Signore.  E che si dovrà dire adunque di quei disgraziati ministri di Dio, i quali o non lo recitano affatto; od almeno lo riserbano, come trascurabile faccenda, o meglio ancora come intollerabile peso alle ultime ore della sera, quando non sanno più che farsi per ingannare il tempo?  Che dire di quel sacerdoti, i quali hanno per dire l’ufficio breviarii antichi, luridi, stracciati: mancanti degli uffici più recenti e dei santi ultimamente imposti dalla Chiesa?

Sono cose lagrimevoli, a dir vero: e non vi ha che un conforto per noi: la speranza che sia limitatissimo il numero di questi infelici.  Come avrete visto, o Venerabili fratelli, la Chiesa ha creduto, nella sua provvida sapienza, modificare il Salterio nella sua disposizione pei varii giorni della settimana: ed ha stabilito che fatta eccezione delle maggiori solennità, e di alcuni santi che hanno officio proprio, in tutti gli altri giorni ai Notturni, Laudi, Ore, Vesperi e Compieta si dicano i salmi della feria corrente: in modo che diminuito nella lunghezza l’ufficio, possano i chierici ogni settimana recitare l’intiero Salterio. Questo nuovo Salterio colle sue rubriche entra in vigore, per obbligo, col prossimo anno: ma resta libero a ognuno di celebrare la divina officiatura nel nuovo modo anche subito.

 Noi adunque, inerendo agli ordini della Costituzione Apostolica di S. S. Pio X Divino afflatu (per ispirazione divina) in virtù di santa obbedienza comandiamo a tutti i Chierici insigniti di un ordine sacro, qualunque sia il loro ufficio e dignità di provvedersi il nuovo Salterio, (che qui si trova vendibile presso la Tipografia Cooperativa) e di percorrerne attentamente le rubriche; e dal I° Gennaio 1913 in poi di recitare il Divino Ufficio secondo le norme in esse determinate, sotto pena di non soddisfare al loro obbligo, se avessero a fare altrimenti.

Ma non basta che il Sacerdote preghi: bisogna ancora che egli ecciti gli altri a pregare, sia coll’esempio che colla parola: ed adoperi tutti i mezzi che sono in suo potere per far rivivere lo spirito di orazione in mezzo al popolo.  E’ quindi suo specialissimo dovere suscitare il fervore dei Parrocchiani collo splendore e la maestà delle pubbliche funzioni, colla istituzione quando occorra, o col richiamo in vita di quelle congregazioni religiose che servono mirabilmente a far fiorire la frequenza dei sacramenti e l’assiduità alle cerimonie del culto. Fa proprio pena il vedere certe chiese che sono assolutamente abbandonate e trascurate da potersi piuttosto paragonare a stalle che a case dei Signore.

Pavimenti sudici e rotti; pareti guaste ed ammuffite, altari malandati e polverosi, arredi sacri ridotti a brandelli, candelieri scrostati e rovinati dimostrano ad evidenza che chi dovrebbe aver cura della casa di Dio, ha altro pel capo: se pure conserva ancora il sentimento di fede che è sostegno del più santo fra i ministri.  Né mi si dica che la povertà del clero è grande, e quindi, non è possibile provvedere con più convenienza al bisogni della Chiesa materiale.  Si tratta piuttosto nella maggior parte dei casi di trascuranza e di abitudini.

Abbiamo visto con vero giubilo come alcuni sacerdoti della nostra diocesi, poverissimi del resto; ma ripieni dello spirito di Dio, non potendo riuscire a fare altrimenti, si sono per il momento trasformati in falegnami, fabbri, muratori, imbianchini: ed hanno in brevissimo tempo cambiato l’aspetto già lurido delle loro chiese, in una forma decente, dove vi si ammira la pulitezza, l’ordine, la grazia, che può stare benissimo anche colla povertà.  Entrammo in queste care chiesine, ed abbiamo detto: oh qui il Signore ci sta volentieri!  Qui si vede che c’è un prete zelante!  E del resto che hanno da fare tutto il giorno certi altri sacerdoti, i quali sono a capo di due o tre cento anime?  Come spendono le loro ore? Ah se ci fosse lo zelo sacerdotale non si vedrebbero tanta confusione e tanta bruttura nelle Chiese: candelieri rotti e affastellati in qualche cassone; buttati là alla rinfusa con libri vecchi, palme rotte, vasi spezzati: oppure cacciati dietro l’altare maggiore che sembra la selva selvaggia di Dante, che nel pensier rinnova la paura! Tovaglie sudicie che cadono a cenci a brandelli, e crocifissi rotti, storti, polverosi su altari che di altare conservano appena la forma! Un sacerdote che ha fede viva provvede alla propria chiesa prima ancora che alla propria casa: e cerca di trattar meglio che sia possibile quel benedetto Gesù Cristo di cui egli è ministro responsabile.

Ma se da una parte ho dovuto fare questo sfogo che mi sta proprio a cuore, dall’altra non posso fare a meno di constatare che molti parroci hanno disposto la chiesa in modo veramente lodevole; e di questo altamente me ne congratulo, e imploro sopra di loro quelle benedizioni che Iddio ha preparato per coloro che diligunt decorem domus Eius3 (amano il decoro della Sua casa).

Ma poco giova il decoro della chiesa materiale, se manca lo zelo della pietà nel sacerdote.  Abbiamo il corpo e manca l’anima.

E tenetelo bene a mente, fratelli Venerabili; non potete mai dare al popolo quello che non avete.  Se non siete ripieni di Dio; se non vivete la vita della fede; se non sentite dentro di voi l’ardore di quella fiamma soprannaturale che si chiama carità: voi sarete sicut aes sonans cymbalum tinniens4 (come un bronzo risonante o un  cembalo fragoroso). 

Mi è doloroso il constatare che in qualche sacerdote manca affatto questo fuoco celeste. Vi sono dei sacerdoti che si credono né più né meno che impiegati della chiesa: e come tali fanno appena quel tanto che tocca: ma non una cosuccia di più. Il quieto vivere; il non procurarsi noie, il bearsi nel dolce far nulla è per loro un gran che.  Hanno in mente che la vita del Sacerdote sia una vita di riposo procuratosi colle fatiche del Seminario: quindi, entrati in Parrocchia, hanno detto col poeta pagano5 Deus nobis hec otia fecit (Dio ci ha dato questa pace)! Che importa se parvuli petierunt panem et non erat qui frangeret eis (i piccoli chiesero del pane e non c’era chi glielo spezzasse)?

Già tanto e tanto, queste bardasse han la testa dura, e poi non vengono... e poi ci pensi la maestra.  E non sapete che sanguinem eius de manu tua requiram6  (chiederò alla tua mano il sangue di lui)?

Che importa se la gioventù corre a precipizio per la via della corruzione e della incredulità?  Oh, rispondono, nella mia parrocchia non ci sono questi disordini: qui non è entrato il socialismo, i costumi sono ancora patriarcali! Istituire un Circolo è cosa difficile; e poi a che pro? Sì, ma intanto il mal costume fa strage, le ragazze oneste diventano una cosa rara... i matrimoni santi non ci son più... E i1 custode della domus Israel (casa di Israele) dorme  i suoi sonni tranquilli fra due guanciali.  Chi lo sveglierà?  Veh! grida il profeta: veh pastoribus Israel! Nonne pascebant semetipsos7 (guai ai pastori di Israele! Non pascevano forse se stessi)?

Che importa se la Massoneria prepara nell’ombra la rovina della fede; e cerca con tutte le arti di strapparla dal cuore degli uomini?

Oh qui non ci sono massoni, rispondono.  E non si accorgono che i contadini, attratti dalla speranza di maggiori guadagni, si affiliano alle leghe socialiste, che della Massoneria sono lo strumento: e non si accorgono che qualche capoccia del paese spande dottrine erronee, calunnia i preti, deride la religione.  E che dobbiamo fare? conchiudono; il mondo è sempre andato così: buoni e cattivi ci sono sempre stati; non saremo certo noi quelli che lo faranno mutare corso.  E poi a parlare si fa peggio: si eccita la curiosità dei semplici, e così si perde terreno.  Sciagurati! Il lupo fa strage nell’ovile, e voi vi cullate nella dolce speranza che non farà danni? E che cosa vi dirà il Signore nel giorno della retribuzione, quando vi metterà sott’occhio il male immenso che si è prodotto nella sua vigna per colpa del vostro mal governo? Perché, vi domanderò, avete vestito l’abito sacerdotale?  Perché avete assunto il sacro ministero?  Siete stati ordinati preti, forse per dormire nei presbiterii, sciupare la vita nell’ozio, e accontentarvi di quel po’ di Messa, e null’altro? Sacerdos alter Christus. (Il Sacerdote alter Christus)

 E Cristo ha forse cercato la pace, ha fuggito i sacrifizi, ha riposato tranquillo in mezzo ai pericoli del gregge? Che danno immenso sono per la Chiesa i preti infingardi, svogliati, paurosi.

E qui bisognerebbe far punto, perché mi fa pena il dover gridare a chi ha tanti titoli per essere piuttosto esaltato che umiliato: ma pur troppo la dura necessità mi costringe a dir qualche altra cosa. Inorridendo io dico: vi ha qualche sacerdote che va più basso: da pastore si cangia in lupo: e si degrada fino al punto di condurre una vita dissoluta con la irreparabile rovina propria, e del gregge a lui affidato. Oh quanti mali non apporta alla chiesa il prete che si lascia dominare dalla passione innominabile! Prima egli pecca da solo, in segreto: poi si fa predone trascinando per la sua via infame qualche anima che di lui pienamente si fida: arrivando fino al punto di persuaderla che non è poi gran male: che tutti fanno così.  Da quel giorno, chi può più numerare i sacrilegi orrendi, gli scandali infami, le rovine disastrosissime cagionate da questo assassino delle anime!

Chi potrà riassumere il quadro desolante della parrocchia governata da un tal mostro? Del resto o presto o tardi le sue iniquità si manifestano: ad allora oh disonore! che trionfo per i cattivi, che arma potente nelle mani dei nemici della fede! Ah Venerabili fratelli, preghiamo Iddio che ci tenga la mano sul capo: e ci mandi prima la morte, che precipitare in tanto abisso!

Ma prima di lasciare questo increscioso argomento, lasciate che ve ne accenni le cause.  La più potente è la superbia: quella superbia che gonfia, e fa credere a taluni di essere un superuomo.  Il prete superbo non teme pericoli, non ha riguardi, non fugge occasioni.  Il prete superbo non obbedisce ai superiori, non ammette avvisi, non osserva regole.

E Dio inesorabilmente lo punisce: tradidit illos in reprobum sensum (li ha consegnati al loro sentimento perverso)! Altra causa è la mancanza di studii serii.

Oggi fra certi preti è di moda la scienza vaporosa e vuota che tribola il mondo moderno: la vera scienza, la sana filosofia, la sacra Scrittura studiata sui padri e sui dottori della Chiesa sono calcolate cianciafruscole. Le tendenze modernistiche o giù di lì, sono per loro i caratteri del sacerdote evoluto e progredito: libri ed opuscoli di dubbia dottrina sono il suo pascolo preferito: egli vuol essere l’uomo dei grandi problemi, e perciò diventa adagio adagio, il seguace delle più grandi aberrazioni, ed allora Iddio che resiste ai superbi gli intima il famoso credentes esse sapientes, stulti facti sunt (credendo di essere sapienti, sono diventati stolti) o l’altro passo: quia scientiam repulisti, repellam te, ne sacerdotio fungaris mihi (poiché ha rifiutato la scienza, rifiuterò te, perché tu possa esercitare il mio sacerdozio) !

Terza ed ultima causa è la mancanza di una pietà soda: messe celebrate a vapore, preghiere punte, meditazione mai: pratiche devote nessuna: nessun amore al culto, nessuna conoscenza delle cerimonie Ecclesiastiche: nessuna visita al SS.; tutto quel poco che si fa, fatto per abitudine, senza ordine, senza regola... senza fede, in una parola.  Ed allora si pencola per qualche anno fra il bene ed il male, e dopo si cade giù, giù, fino alle ultime conclusioni: vediamo Murri, Minocchi, Riscitti... e simili.  Ma basta, basta: ho detto anche troppo: Dio tenga lontana da noi tanta sciagura!

Un altro ostacolo a fare il bene è la divisione e l’odio fra i preti. Io parlo chiaro; se si fosse fra di noi meno rallentato il vincolo della carità, noi saremmo onnipotenti.  Ma disgraziatamente non è per tutti così.  Molti non pensano che a se stessi, e si dimenticano che funicolus triplex difficile rumpitur (difficilmente si spezza una funicella di tre fili).  Piccole questioncelle di campanile, piccole gabatelle d’interessi, piccoli dispettucci scambiatisi: ecco le scintille di odii tanto più profondi quanto meno appariscenti.  Ed allora se uno fa , l’altro disfa: se uno lavora, l’altro critica; se uno domanda aiuto, l’altro cerca di ostacolare.  Miserie!  Miserie! Ed intanto i nostri avversari trovano libero il campo: e fanno danni irreparabili. Bisogna essere superiori a queste debolezze: bisogna concorrere tutti al grande scopo finale: salus animarum suprema lex (la salvezza delle anime è legge suprema).

E qui mi cade in acconcio il fare un’altra osservazione.  Le condizioni infelici della Chiesa, così oppressa dalla Massoneria in questi tristissimi tempi, fanno sì che perché le sia resa giustizia, il clero abbisogna continuamente di ricorrere a questa od a quella persona influente per avere appoggio onde ottenere il necessario alla vita ed al culto.  Ma è doloroso il constatare come i nemici della religione si servono appunto del clero per salire sublimi, e cercano di accarezzarlo per averlo amico nel tempo delle elezioni.  E non è caso nuovo che qualche prete, in vista dei favori ottenuti, abbia poi favorito colla influenza e col voto a far salire in alto chi più o meno apertamente ha conculcato i sacrosanti diritti della Religione e della Chiesa. Tradimento infame! E non sapete fratelli che chi fa così, somministra le armi ai nostri carnefici?  E non sapete che il favore oggi fattoci da questi cotali è il prezzo di Giuda, per far vendere ai ministri di Cristo, Cristo stesso? E sarà possibile che un sacerdote anteponga agli interessi supremi della Religione i suoi interessi privati? Capisco benissimo l’arte del nemico: egli getta in bocca al cane di guardia il boccon di carne per farlo tacere, mentre egli penetra in casa per svaligiare il padrone. Ma non capisco assolutamente come possa un sacerdote credersi tale, e compiere il proprio dovere, tacendo quando dovrebbe parlare, lasciando correre quando dovrebbe lavorare in senso contrario. Fu per questa acquiescenza che in tanti luoghi andarono alle Amministrazioni pubbliche personaggi apertamente avversi alla Chiesa; fu per questo che la religione fu sbandita dalle pubbliche scuole; fu per questo che l’idra pestifera del socialismo si è aperto un varco così spaventoso nei pubblici poteri. Io voglio sperare che non sarà più così per l’avvenire: e che il clero tutto anche nelle lotte elettorali seguirà un unico indirizzo, che non vorrà mai cooperare a favore di chi sia notoriamente seguace di un programma ostile alla religione.

Ma dove occorre che maggiormente io insista, è nella istruzione religiosa al popolo.  Causa principale di tanto pervertimento di idee e di costumi è l’ignoranza profonda della nostra religione.  Contadini ed operai, artefici e possidenti, gente di mediocre levatura e persone istruite sono affatto digiuni del catechismo cattolico. Bisogna aprire gli occhi a tanti ciechi, bisogna far rivivere la fiaccola della fede in tanti cuori dove si è spenta, appunto perché di fede e di cattolicismo non se ne sa nulla.

E’ davvero consolante il risveglio pel Catechismo che ho potuto notare nella quasi generalità delle Parrocchie.  Si è fatto qualche cosa: ma bisogna continuare. Non ci spaventino o fratelli le difficoltà, non vi arenate dinanzi a nessun ostacolo. E’ col catechismo che potremo ancora salvare le nostre popolazioni.  Non si stanchino i Parroci di predicare agli adulti, di istruire i bambini.  Le Domeniche e le Feste devono essere pel parroco giorni di scuola e di fatica. Guai a quel Pastore di anime che è avaro delle parole di Dio!  Guai se tralascia di fare il catechismo sia ai piccoli che agli adulti.

Ho riscontrato purtroppo, andando in Visita Pastorale, che qualche Parroco non ha fatto niente o quasi niente: che ha i ragazzetti della Parrocchia che non sanno nulla di nulla: che non li ha nemmeno invitati a venire pel giorno stesso della Visita dei Vescovo! Che amarezza per me!  Che m’importa di solennità di canti o di altro, se non ho dinanzi a me i figli del popolo, se non mi posso intrattenere con loro, se non riesco a sapere che cosa hanno imparato dalla bocca del Parroco.

Resta quindi inteso che nelle Visite che io farò in seguito voglio assolutamente vedere tutti i ragazzetti e le ragazzette, nonché i giovani: e che alla dottrina si dia la massima importanza.  Nel giorno della Visita i sacerdoti del luogo e quelli venuti dicano la S. Messa per tempo; e si lasci libera un’ora intera per la dottrina.  Ricordo, per chi non lo sapesse, che il fatto di trovare i ragazzi affatto digiuni di catechismo è un motivo che basta da solo per far rimuovere un Parroco dalla Parrocchia.

Ed ora conchiudendo, aspetto tutti i Sacerdoti delle diocesi alle conferenze ed alle soluzioni dei casi che sono stati proposti nel calendario. Per il prossimo 7 Marzo sono formalmente invitati a venire tutti i Sacerdoti appartenenti alle Parrocchie notate in calce a questa mia lettera.  Se qualcuno non potrà venire mandi almeno 15 giorni prima la sua giustificazione, e sappia senz’altro che è tenuto a venire la volta susseguente.

Fratelli Venerabili, vi ho aperto il cuore: ho detto delle cose amare, perché vi amo: perché desidero che lavoriamo nel campo del Signore da cultori solerti, perché desidero che ci troviamo tutti un giorno a cogliere il frutto delle nostre fatiche nel bel Paradiso, senza che uno solo vi sia escluso.

 

            E come io in terra, così dal cielo vi benedica Dio Padre Figlio e Spirito Santo.

 

X CARLO Vescovo

 

 

1    In questo contesto il “plorabunt” (piangeranno) del Salmo Joel 2, 17 va inteso come “imploreranno”

2    Psalmus 49, 23

3    Psalmus 25 (Breviarium Romanum)

     “Domine, dilexi decore, domus tuae!”: recita il testo sacro ed anche in questo caso c’è un adattamento al contesto

4    I Corinti 13, 1

5    “Verg. Eclog I,6” Il poeta pagano a cui allude il Vescovo è Virgilio, l’opera è la prima Bucolica.

6    Genesi, 4

7    Ezechiele 34, 2



 

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