LA CHIESA IN ITALIA DURANTE LA VITA DEL BEATO CARLO LIVIERO (1866 – 1932)
Carlo Liviero vive un periodo della storia della Chiesa italiana particolarmente complesso e ricco di fatti. Il suo ministero sacerdotale prima ed episcopale poi si svolge durante l’arco cronologico delimitato dai pontificati di Leone XII e Pio XI, due papi che hanno avviato i primi passi del magistero sociale della Chiesa con le note encicliche Rerum novarum (1891) e Quadragesimo anno (1931). Diamo oggi uno sguardo a cosa avviene nella Chiesa degli anni nei quali visse il beato Carlo Liviero, nel tentativo di capire quali tratti della sua spiritualità abbiano risentito del clima religioso del tempo e quali elementi della vita della Chiesa del suo tempo Carlo Liviero abbia colto e sviluppato.
Quando nasce a Vicenza, il 29 maggio 1866, l’Italia è unificata da pochi anni. Anzi, il processo di unità nazionale è iniziato con la proclamazione del Regno d’Italia il 17 marzo 1861, ma non è ancora compiuto. Sul piano politico, il nuovo stato presenta una matrice liberale a forti venature antireligiose. Il primo capo del governo è un cattolico, il toscano barone Bettino Ricasoli, ma la linea politica dominante è quella dell’ex Regno di Sardegna, caratterizzata da un atteggiamento ostile verso le istituzioni ecclesiastiche. Questa linea si mostra già nel 1860, quando il commissario regio per le province dell’Umbria e delle Marche sopprime tutti gli ordini e congregazioni religiose, a eccezione di alcune impegnate nell’assistenza e nell’insegnamento (tra queste, le Figlie della Misericordia di Città di Castello, rimaste in vita per il servizio da esse prestato nell’ospedale cittadino).
L’Italia unita si presenta come uno Stato con profonde differenze territoriali, specialmente tra le regioni in avanzata fase di industrializzazione e quelle dove l’economia agricola mantiene spesso un carattere di semplice sussistenza.
Una seconda tappa del processo di unificazione si compirà proprio nel 1866, con l’ingresso dell’Italia nella guerra tra la Prussia e l’Austria-Ungheria, avvenuto il 16 giugno. Al termine della guerra l’Italia, alleata della Prussia, ottiene il Veneto (salvo l’Ampezzano), il Friuli occidentale e la provincia di Mantova, mentre rimangono all’impero austro-ungarico il Trentino, il Friuli orientale, la Venezia Giulia e la Dalmazia. Il territorio veneto viene consegnato al Regno d’Italia il 19 ottobre 1866 e i successivi 21 e 22 ottobre l’annessione viene sancita da un plebiscito. Di per sé, quindi, Carlo Liviero nasce suddito dell’impero austro-ungarico.
Nel periodo della guerra viene approvata la legge n. 3036 del 7 luglio 1866, che incamera nel demanio dello Stato i beni delle corporazioni religiose e impone il ritorno dei religiosi alle proprie famiglie d’origine. Approvata a poche settimane dall’inizio della terza guerra d’indipendenza contro l’Austria-Ungheria (23 giugno – 3 ottobre 1866), la legge autorizza la confisca a favore del demanio dei beni degli Ordini e delle congregazioni religiose nell’intento di sanare il deficit del bilancio statale. Sotto la pressione del deficit di bilancio, la legge è frettolosamente approvata dalla sola Camera e varata dal governo senza l’approvazione del Senato, a motivo dei poteri speciali accordati all’esecutivo dallo stato di guerra contro l’Austria-Ungheria. Successivamente, con legge n. 3848 del 15 agosto 1867 , sono incamerati i beni ecclesiastici. La legge, che disciplina la soppressione di enti ecclesiastici e la liquidazione dell’asse ecclesiastico, riguarda circa 25.000 enti, il cui patrimonio è confiscato dallo Stato. Le terre confiscate sono messe all’asta a partire dal 26 ottobre 1867.
Queste leggi provocano profonde ferite nel tessuto ecclesiale e contribuiscono a mettere in guardia le comunità cristiane nei confronti del nuovo Stato. Tutto questo, non favorisce la partecipazione del cattolici alla vita pubblica, ma non evita il loro impegno sociale. Nei decenni successivi, proprio gli sviluppi delle esperienze sociali collegate ai movimenti di Democrazia Cristiana smentiranno nei fatti la separazione tra azione sociale e azione politica che sarà proposta dal magistero del Leone XIII .
Una terza tappa del processo di unificazione nazionale si ha il 20 settembre 1870, con l’ingresso in Roma dei soldati italiani attraverso la famosa breccia di Porta Pia. Questo fatto rappresenta uno dei momenti più drammatici del Risorgimento nazionale. Per i cattolici in particolare, segna l’inizio di una lunga parentesi di assenza dalla scena politica, che si chiuderà solamente nel 1913. Papa Pio IX, infatti, come reazione alla invasione dello Stato della Chiesa da parte del Regno d’Italia chiede ai cattolici di non partecipare alla vita politica, ma non alla vita sociale.
Sul piano economico, l’Italia di questi anni è ancora un Paese largamente agricolo, nel quale comincia a verificarsi uno slancio industriale a partire dal 1880 circa, ma fino al 1910 circa l’artigianato e la piccola industria mantengono il primato rispetto alle aziende di medie dimensioni . Lo sviluppo dell’industria fa crescere un nuovo ceto socio-professionale, quello degli operai, che dal 1854 si organizzano in organizzazioni operaie cattoliche: nel 1897 queste organizzazioni sono 784, specialmente in Lombardia, ma anche in Veneto, a Roma, Napoli e Genova.
Nei primi anni di vita di Carlo Liviero sono papi Pio IX (fino al 1878) e Leone XIII. Personalità per certi aspetti molto diverse, entrambi i papi condannano il razionalismo e il laicismo: condannano il matrimonio civile e il divorzio e rivendicano i diritto della Chiesa in materia di insegnamento, polemizzano contro i sistemi filosofici moderni e recuperano la Scolastica, il liberalismo laicista e i tentativi di secolarizzazione della società. Di fronte al clima politico postunitario, sia Pio IX prima che Leone XIII sono profondamente convinti che la totale indipendenza politica del papa nei confronti dell’Italia sia condizione indispensabile per l’indipendenza religiosa della Sede Apostolica e della Chiesa .
Per molti aspetti il pontificato di Leone XIII si pone in continuità con quello di Pio IX, ma per altri segna «una svolta nella storia della Chiesa contemporanea», caratterizzata dalla «preoccupazione di non far più apparire il cattolicesimo come qualcosa che si muovesse in senso opposto alle aspirazioni del tempo» .
È in questo clima ecclesiale e culturale che il giovane Carlo Liviero comincia il suo cammino di fede, avverte la chiamata di Dio, avvia la formazione al sacerdozio, compie gli studi nel Seminario diocesano di Padova, città nella quale, nel 1889, Giuseppe Toniolo, tra i maggiori esponenti del cattolicesimo sociale del tempo, fonda l’Unione Cattolica per gli Studi Sociali in Italia .
Carlo Liviero è ordinato prete nel 1888, anno nel quale la Chiesa celebra il 50° anniversario di ordinazione sacerdotale del papa. Un clima profondamente segnato dall’opposizione di Leone XIII alla massoneria, che in quel periodo si mostra particolarmente aggressiva nei confronti della Chiesa, specialmente in Italia: «non vi è documento pontificio riguardante problemi italiani o francesi in cui non si parli della congiura internazionale, messa segretamente in atto dalla massoneria contro la Chiesa per sostituire a quella cristiana una nuova forma di civiltà, basa sul rifiuto dei diritti di Dio in nome della sovranità della ragione umana» .
Sul piano della vita cristiana Leone XIII promuove un rinnovamento basato «sulla regola frequenza ai sacramenti e sull’esaltazione di varie forme di devozione eucaristica (incoraggiamenti ripetuti ai congressi eucaristici locali, nazionali o internazionali) e di altre devozioni care al suo predecessore: il culto del Sacro Cuore, al quale consacrerà l’umanità in occasione dell’anno santo 1900; quello di san Giuseppe, presentato come modello per i padri di famiglia e i lavoratori manuali; la devozione alla Madonna, soprattutto sotto la forma del rosario, che sarà l’oggetto di nove encicliche e di sette lettere apostoliche» .
Sul piano sociale, con Leone XIII ha inizio un’attenzione nuova al mondo operaio, in parte per la paura della diffusione del socialismo, ma anche nel desiderio di trovare nelle masse popolari che stanno per ottenere il diritto di voto il contrappeso alle politiche anticlericali del liberalismo borghese . Dal 1887 il papa appoggia il tentativo di organizzazione delle forze cattoliche promosso dall’Opera dei Congressi (organizzazione laicale sorta nel 1875) e dai suoi dirigenti intransigenti sul piano politico, «ma pronti a ogni sforzo su quello sociale per conservare alla Chiesa, nella sua opposizione alla classe dirigente liberale, le simpatie popolari» . Nel congresso di Bologna del 1876 l’Opera dei Congressi critica fortemente le «situazioni sociali penose come le lunghe ore di lavoro e l’impiego di donne e bambini in lavori particolarmente faticosi» . Nel 1891, poi, Leone XIII promulga la nota enciclica Rerum novarum, con la quale prende avvio il magistero sociale della Chiesa. Sono questi gli anni in cui la coscienza di un’azione sociale è acquisita anche dallo Stato, che lentamente, tra 1882 e 1898, comincia a legiferare anche in questo campo: l’assicurazione legale per gli incidenti sul lavoro è introdotta per legge solamente nel 1898. Questo ritardo è attribuito alla connessione tra lo sviluppo tecnologico e industriale con le teorie utilitaristiche dei settori liberali dominanti, che si oppongono alle necessità degli operai . Dal canto suo la Chiesa aveva condannato le tesi dell’utilitarismo con papa Pio IX nel 1864 .
Sul piano delle organizzazioni operaie cattoliche, negli anni del pontificato di Leone XIII si assiste a un notevole sviluppo: «esse servivano all’aiuto vicendevole nel caso di necessità dovuta a vecchiaia, malattia e incidenti sul lavoro, abbracciavano ogni genere di aiuto e di attività comprese opere di beneficenza, prestiti, crediti, fino ai pellegrinaggi e al rafforzamento della religiosità cattolica» . Dal 1809, poi, comincia farsi strada la formazione di sindacati cristiani.
Come nota il Becker,
nel secolo XIX la questione sociale fu soltanto una parte di quella vasta sfida che veniva dalla società, dalla scienza, dalla nazione e dallo stato, e davanti a cui i cattolici dovevano prendere una posizione. Essi non potevano dare risposte già fatte a tutte queste sfide; e solo cercando queste risposte, i cattolici crebbero fino a costruire quel fenomeno d’insieme che oggi definiamo cattolicesimo politico e sociale. […]
Originariamente, ancora concepito quale parte di un contromondo cattolico, il complesso cattolico-sociale delle associazioni e cooperative si è sviluppato a livelli diversi e con molte varianti. […] Indubbiamente erano espressione dell’opposizione al liberalismo ideologico che avanzava nello stato, nella società, nella scienza. Ma rappresentarono pure un aspetto della modernizzazione, perché diedero a determinati gruppi nella società occasione per l’articolazione delle loro idee e per un’attività sociale ed educativo-costruttiva .
Un’azione, quella di Leone XIII, che si inserisce «nella visione globale ispiratrice di tutto il pontificato: la restaurazione cristiana della società, una soluzione soprannaturale alla crisi rivoluzionaria che scuoteva le fondamenta stesse della società e minacciava la pace nel mondo» . Questo non impedisce al papa di avviare un dialogo con la società moderna: «valendosi dei nuovi mezzi, egli vuole ricreare la situazione che è stata compromessa dalla progressiva laicizzazione dello stato, restituendo alla Chiesa il pieno esercizio di quella funzione di direzione e di guida che aveva costantemente esercitato nei secoli passati» . Leone XIII capisce che se la Chiesa vuole convertire il mondo «deve in primo luogo essere presente nel suo tempo invece di ripiegarsi in una sterile nostalgia del passato» .
Uno stile, questo, che il giovane don Carlo Liviero assume pienamente come proprio e che segna da subito il suo modo di essere prete e fare il parroco. Dal 1889 svolge il suo ministero a Gallio, dove si dedica alla sua missione pastorale manifestando ben presto quell’impeto e quell’ardore che saranno le caratteristiche di tutto il suo ministero. Da subito, Liviero vede le necessità spirituali e quelle materiali della sua gente strettamente unite, e si dedica con tutte le sue energie alla evangelizzazione e a quella che oggi chiameremmo promozione umana. A Gallio trova gente molto povera, per di più sfruttata da un ristretto gruppo di commercianti usurai, spesso costretta all’emigrazione. La vita religiosa ha profonde radici di fede, ma si esprime in forme tradizionali e prevalentemente devozionali. Don Carlo si adopera per migliorare le condizioni della popolazione mediante varie istituzioni: asilo infantile, casa di ricovero per gli anziani, cassa rurale, magazzino-cooperativa, edificio delle opere parrocchiali, società cattolica operaia agricola, cioè quelle varie opere delle quali papa Leone XIII aveva detto che sono «destinate a prendersi cura dell’operaio, della vedova, dei figli orfani, nei casi d’improvvisi infortuni, d’infermità, o di altro umano accidente» . Trasferito ad Agna nel 1899, ripeterà l’esperienza di Gallio con lo stesso stile pastorale e la stessa carità operosa:
L’apostolato di Mons. Liviero, fin da quand’era parroco, segue costantemente la strategia del doppio binario. Sulla prima linea scorre una poderosa azione religiosa e aggregativa (aspetto spirituale), mentre – in contemporanea – si muovono opere e iniziative per “soccorrere la miseria [morale e materiale] a costo di qualsiasi sacrificio” (aspetto sociale). I due aspetti o elementi sono sempre in perfetta simbiosi, come l’anima e il corpo nell’essere umano .
I suoi primi anni di ministero parrocchiale, tuttavia, si svolgono in un clima di irrigidimento da parte del papa nei confronti del mondo moderno, che gli studiosi attribuiscono in parte all’influenza esercitata sul vecchio papa dal cardinale Camillo Mazzella (1833-1900) negli anni ’90.
Dal punto di vista della pietà, i primi anni di ministero di Carlo Liviero – quelli che segnano maggiormente il suo stile pastorale – «segnano in genere nel campo della pietàil consolidamento delle forme di devozione sorte nel periodo precedente e la nascite di nuove iniziative. […] Due sono le caratteristiche dello sviluppo devozionale: una coscienza conservatrice in difesa della fede sempre più esposta a pericoli e dileggi, e un soggettivismo, proprio della corrente romantica, che personalizza sempre più la religione rendendola nutrimento dei sentimenti dei fedeli» .
Tra le varie devozioni di questo periodo, Carlo Liviero dimostra una particolare sensibilità verso quella al Sacro Cuore. Nel 1899 papa Leone XIII dedica esclusivamente al Sacro Cuore l’enciclica Annum sacrum (25 maggio 1899) e il 31 dicembre dello stesso anno affida l’umanità intera al Sacro Cuore. Lo stesso papa eleva il grado liturgico di questa festa . Un’altra devozione che si diffonde durante i pontificati di Pio IX e Leone XIII, come anche in quelli successivi di Pio X e Benedetto XV, è la cosiddetta “devozione al papa” , anch’essa ben presente nella sensibilità religiosa nell’azione pastorale di Carlo Liviero, che mette in atto una serie di iniziative che spaziano in tutti i campi della vita sociale; tra queste, sono poste sotto l’invocazione del Sacro Cuore la libreria “Sacro Cuore”” (1919); la fondazione della “Scuola tipografica del Sacro Cuore” (1912); la “Colonia marina Sacro Cuore” di Pesaro (1925); la “Sala cinematografica Sant’Egidio” (1931); l’“Ospizio Sacro Cuore” (1915); la fondazione della congregazione religiosa delle Piccole Ancelle del Sacro Cuore . Il Beato è consapevole che il Verbo Incarnato è la manifestazione più alta dell’amore di Dio, per questo pone la maggior parte della sua azione pastorale e sociale sotto il patrocinio del Cuore di Cristo, simbolo del Dio-agàpe.
Nel 1903 è eletto papa Giuseppe Sarto, che prende il nome di Pio X: «uomo di notevoli doti e per nulla sprovvisto di cultura», il nuovo papa era «diffidente per istinto verso le tendenze progressiste sia sul piano sociali che su quello delle idee, riteneva che la politica di apertura al mondo moderno seguita dal suo predecessore, se non condannabile in linea di principio, era stata condotta con troppo scarse precauzioni e rischiava di produrre nell’immediato futuro dolorose conseguenze» . Le sue qualità morali gli acquistano presta una larga simpatia e ne fanno «uno straordinario reggitore di uomini» .
Pio X imposta un programma pastorale per «reagire alla scristianizzazione e secolarizzazione della società che avveniva in nome della modernità”, e riaffermare senza il minimo compromesso i diritti della Chiesa a intervenire nella vita dei popoli per ristabilirvi l’ordine sociale voluto da Dio»:
davanti agli spettacolari progressi di un liberalismo antireligioso, di un socialismo materialista e di un orgoglioso scientismo, che intendevano promuovere la venuta di un mondo nuovo in cui l’uomo si sarebbe liberato del bisogno di Dio, al nuovo papa sembrava assolutamente necessario mettere in guardia i cattolici, abbagliati e impressionati dalla sicurezza dei loro avversari, contro la tentazione di cercare con troppa fretta un compromesso prima di aver sufficientemente lasciato decantare le rivendicazioni dello spirito moderno per poterne liberare con sicurezza ciò che esse contenevano di accettabile e di fecondo .
L’orientamento reazionario di Pio X si manifesta soprattutto in campo dottrinale, con la condanna del modernismo nel 1907, ma l’etichetta di “reazionario” o “conservatore”, che pure continua a rimanere in una parte dell’opinione comune, non si addice a definire appieno questa figura di papa che, «così conservatore sotto molti punti di vista, fu nel medesimo tempo uno dei più grandi pontefici riformatori della storia, forse “il più grande riformatore della vita interna della Chiesa dopo il concilio di Trento”» . Una riforma basata sulla comunione eucaristica frequente e la comunione ai bambini, la semplificazione del rito della messa, la restituzione della sua importanza al ciclo liturgico domenicale rispetto a quello dei santi, la dimensione sacrificale della celebrazione eucaristica, il ruolo della liturgia nella vita spirituale dei fedeli, lo sviluppo del senso cattolico, la riconduzione della musica liturgica alle tradizioni cattoliche, il rinnovamento dell’insegnamento catechistico, il miglioramento della formazione culturale del clero, l’aggiornamento del diritto (con l’avvio della redazione del primo codice di diritto canonico) e delle istituzioni ecclesiastiche, anche a livello centrale (con la riforma della curia romana nel 1908), il coinvolgimento dei laici nella pastorale parrocchiale :
il primo obiettivo di Pio X era quello di intensificare la vita sacramentale dei fedeli e di pregare di più e meglio. A un secondo aspetto egli non dava minore importanza: occorreva fare attenzione che il popolo cristiano fosse istruito nella sua religione in modo più sistematico che d’abitudine, attirando l’attenzione sull’importanza eccezionale dell’insegnamento del catechismo. […] Unendo l’esempio alle esortazioni e ai decreti, continuava ogni domenica in Vaticano a spiegare il catechismo al numeroso pubblico che accorreva per ascoltarlo .
Dell’insegnamento sociale di Leone XIII, Pio X sviluppa gli aspetti più conservatori, ma non manca di sollecitare i preti perché si interessino della questione sociale . Un altro elemento che lo pone in continuità con il suo predecessore è la devozione al Sacro Cuore , ma il suo programma pastorale è caratterizzato soprattutto dall’attenzione all’Eucarestia e alla pratica della comunione eucaristica frequente. Tra il maggio del 1905 e il luglio del 1907 si pronuncia ben dodici volte in questo senso, ma l’atto principale è il provvedimento della Congregazione del Concilio del 20 dicembre 1905, con il quale si pongono le condizioni per accostarsi all’Eucarestia: lo stato di grazia e la retta intenzione. Successivamente, l’8 ottobre 1910, la Congregazione dei Sacramenti anticipa a sei-sette anni l’età alla quale ammettere i bambini alla prima comunione, che in precedenza veniva amministrata a dodici-quattordici anni . Devozioni al Sacro Cuore alla Vergine Maria, eucarestia, catechesi, liturgia: questi “pilastri” sui quali poggia il programma pastorale di papa Pio X sono assunti anche da Carlo Liviero, il quale li fa propri e li sviluppa prima da parroco e poi da vescovo, uniti a un’intensa azione sociale e a un’opera di promozione dal laicato di entrambi i sessi e di varie età.
Ex parroco di campagna, come amava definirsi, papa Pio X va a scegliere i vescovi proprio tra il clero in cura d’anime. Proprio l’Alta Valle del Tevere rappresenta un chiaro esempio della linea scelta dal papa per la nomina dei vescovi: nel 1910 sceglie don Carlo Liviero per la sede di Città di Castello e nel 1911 don Pompeo Ghezzi per quella di Sansepolcro. Due preti del nord (uno padovano e l’altro milanese), con alle spalle un percorso pastorale molto simile, caratterizzato da un forte impegno sociale e dalla promozione di varie opere assistenziali, educative ed economiche per la promozione culturale e sociale delle masse contadine e operaie.
Pio X muore nella notte tra il 20 e il 21 agosto del 1914, a pochi mesi dallo scoppio della Grande Guerra. Il 3 settembre è eletto papa il cardinale Giacomo Della Chiesa, che assume il nome di Benedetto XV. Fin dai primi giorni del suo pontificato Benedetto XV rinnova con fermezza la condanna della guerra già pronunciata dal suo predecessore poche settimane prima della morte e si impegna per favorire la pace, rivelando la consapevolezza della «natura paterna e pastorale della missione del pontefice», che richiama Gesù buon pastore e definisce il proprio compito un «abbracciare, con viscere di paterna carità, tutti quanti i suoi agnelli e le sue pecorelle» . La grande consapevolezza della paternità del papa e del vescovo lo porta a intendere l’insubordinazione non come lesione del dovere, bensì come offesa all’autorità e alla sua paternità. Nella sua prima enciclica, del 1° novembre 1914, condanna vigorosamente la guerra, ampia al mondo intero gli orizzonti della politica della Sede Apostolica, individua i mali che affliggono la società contemporanea e ne indica i rimedi: mali sono la mancanza di reciproco amore tra gli uomini, il disprezzo dell’autorità, l’ingiustizia nei rapporti sociali e la prevalente ricerca di beni materiali, il nazionalismo e il razzismo. Il papa condanna il socialismo e affida alle organizzazioni cattoliche il compito di diffondere e attuare la dottrina sociale della Chiesa. Benedetto XV si propone innanzi tutti di sopire i contrasti tra i cattolici attraverso l’obbedienza al magistero e il rispetto delle opinioni altrui. Grande attenzione il papa dedica alla promozione del laicato, attraverso l’associazionismo, e alla formazione del clero .
Per il papa il laicato costituisce «lo strumento più vivace di contatto e di comunicazione con la società»:
gli scopi del papa sono chiari: puntare alla preparazione di laici di alto livello spirituale e di solide capacità professionali e unificare tutte le forze in un organismo unitario, tale da cooperare efficacemente al progetto pastorale di una nuova immissione di fermenti religiosi e morali nel tessuto sociale moderno .
Particolarmente forte è il suo impegno contro la guerra, fin dal 1914; il 6 agosto 1917 condanna quella che definisce «inutile strage». In un primo tempo utilizza vie diplomatiche per indurre una delle due parti in lotta alla pace ma poi, visto inutile ogni sforzo, nell’ultimo anno di guerra sceglie un «eloquente silenzio» e preferisce rivolgersi principalmente agli ambienti ecclesiali:
questo secondo aspetto diviene rapidamente prevalente e può essere efficacemente simboleggiato dall’appoggio dato dal papa alla diffusione della devozione al Sacro Cuore nelle varie diocesi a livello popolare e nelle frequenti esortazioni a fare dell’immagine del Sacro Cuore di Gesù il centro della pietà delle famiglie, mentre si ripetono le consacrazioni pubbliche. Non si tratta evidentemente di un’accentuazione pietistica o di un ripiegamento intimistico, ma – almeno nei propositi pastorali di Benedetto XV – di una maniera di ridare senso interiore alla prassi cristiana e alle stesse realtà sociali, in vista di una conversione dall’interno del mondo contemporaneo .
Benedetto XV è legato alla vita e all’azione pastorale di Carlo Liviero per l’approvazione, nel 1916, della sua più grande “opera”: la congregazione delle Piccole Serve del Sacro Cuore, poi Piccole Ancelle del Sacro Cuore. Si tratta di uno degli oltre 170 istituti religiosi sorti tra 1878 e 1922 e intitolati al Sacro Cuore. Tra Leone III e Benedetto V (cioè tra 1878 e 1922) gli istituti di vita consacrata vivono una notevole ripresa, evidenziata da alcuni dati: nel 1880 i Benedettini sono nel mondo 2.765, nel 1920 saranno 7.038; i Domenicani sono 3.341 nel 1876 e 6.137 nel 3.137 nel 1931; i Gesuiti passano dai 9.385 del 1875 ai 19.176 del 1925; i Salesiani, che nel 1875 sono 171, nel 1925 sono 5.611. Ancora maggiore è l’incremento registrato dagli istituti femminili: in Italia le Figlie della Carità Canossiane sono508 nel 1900 e 2.006 nel 1925; nel 1932 le Suore della Carità dette di Maria Bambina, fondate un secolo prima, sono 6.556. Ancora in Italia, nel 1881 le religiose sono 28.172, nel 1921 sono 71.679 . È evidente la ripresa di Ordini antichi, ma la maggior parte di religiosi e religiose di questo periodo appartiene a istituti di tipo nuovo . Questi nuovi istituti sviluppano elementi spirituali particolari quali la «possibilità di condurre una vera vita religiosa (e spirituale) vivendo più a contatto con il mondo e con opere di vita attiva»:
la spiritualità, quindi, trova nutrimento nella stessa vita attiva, nello stesso mondo in cui si opera; anzi, si sottolinea che la spiritualità non va cercata al di fuori di ciò che si fa. Con i nuovi istituti si evolve anche il concetto (e quindi l’applicazione spirituale) dei termini di “apostolo” e di “missionario”. Riservati entrambi ai sacerdoti certamente ancora agli inizi del secolo XIX, dopo il 1850 essi passano ai membri dei nuovi istituti, anche femminili, che nei loro stessi titoli assumono le qualifiche di “missionarie” o di “apostole” .
L’ultimo papa della vita di Carlo Liviero è Pio XI, eletto il 2 febbraio 1922, a meno di un mese dalla morte di Benedetto XV. Particolarmente attento alla missione ad gentes e al carattere universale della Chiesa, Pio XI mostra una notevole attenzione anche al laicato:
nell’enciclica programmatica del suo pontificato si rivolse ad esso definendolo “stirpe eletta, regale sacerdozio, gente santa, popolo di Dio” con le più alte espressioni di riconoscimento, “perché solo in questo regno di Dio si dà quella vera eguaglianza di diritti, per la quale tutti sono nobili e grandi della stessa nobiltà e grandezza, nobilitati dal medesimo sangue di Cristo”, perché “quelli che presiedono non sono che ministeri del bene comune, servi dei servi di Dio, degli infermi, specialmente, e dei più bisognosi, nell’esempio di Cristo nostro Signore”. La distinzione tra clero e laicato trovava così il proprio fondamento in Gesù Cristo, secondo la tendenza, molto radicata nel pensiero di Pio XI, di trovare l’unità nella diversità e la diversità nell’unità .
La sua concezione del laicato come parte integrante della Chiesa (non solamente compreso nella Chiesa, come fino a quel momento si era prevalentemente ritenuto) spiega anche la sua predilezione per l’Azione Cattolica. […] Innanzitutto intese attribuirle un carattere religioso, separandola istituzionalmente dall’attività socio- politica e facendone la forma organizzativa della partecipazione del laicato alla vita della Chiesa. Lungi pertanto dall’essere qualcosa di accessorio, diventava invece elemento costitutivo della Chiesa stessa .
Nella concezione di Pio XI l’azione dei fedeli riuniti sotto le direttive del papa e dei vescovi assume un particolare rilievo negli Stati di tradizione cattolica, nei quali l’associazionismo di Azione Cattolica diventa «uno strumento privilegiato della ricostruzione cristiana auspicata dal papa». Pio XI, come sarà anche per il suo successore Pio XII, resta legato «a quel progetto di restaurazione della società cristiana o di ricostruzione della cristianità che affonda le sue radici molto indietro nel tempo, negli anni stessi della Restaurazione, agli inizi del secolo precedente» .
Pio XI si pone all’origine dell’ecclesiologia cristocentrica e della spiritualità eucaristica che caratterizzano questo periodo. Promuove un profondo rinnovamento spirituale, sia utilizzando i giubilei (ordinario del 1925, straordinario del 1929 e del 1933) sia attraverso le numerose beatificazioni e canonizzazioni, tra le quali quelle di Teresa di Lisieux, Giovanni Bosco, Giuseppe Cottolengo, Bernardette Subirous, Jean Marie Vianney. Significativa, inoltre, la sua attenzione verso i moderni mezzi di comunicazioni, attenzione condivisa con il beato Carlo Liviero: nel 1931 il papa inaugura la Radio Vaticana, la cui fondazione era stata affidata a Guglielmo Marconi; nel 1936 dedica un’enciclica al cinematografo (Vigilanti cura). Aperto alle scienze, nel 1936 rifonda l’Accademia dei Nuovi Lincei come Pontificia Accademia delle Scienze; progressivamente, nel corso del pontificato supera quella componente di antimodernismo che è presente alcuni suoi atti iniziali; riforma i programmi delle scuole dei Seminari e delle università ecclesiastiche, aggiornandoli e specializzandoli .
Nei primi anni del pontificato di Pio XI si affermano in molti Paesi d’Europa i regimi totalitari. Inizialmente il papa non si dimostra contrario a questo tipo di conduzione dello Stato, che semplifica i rapporti Stato – Chiesa ed evita alla Chiesa di ricorrere alla mediazione dei partiti, quasi come se fosse una tra le altre parti. Fino al 1929 Pio XI rimane dell’idea che gli Stati autoritari si potesse impegnare, attraverso lo strumento del concordato, all’accettazione della libertà della Chiesa Cattolica. L’uso di concordati, o altre forme di patto, con gli Stati assume caratteri differenti da Stato a Stato: nel 1926 sono stipulate con la Francia due intese sulle associazioni diocesane; nel 1927 il modus vivendi con la Cecoslovacchia riguarda la nomina dei vescovi e la coincidenza delle circoscrizioni ecclesiastiche con i confini nazionali; le convenzioni con il Portogallo del 1927 e del 1928 riguardano alcune questioni relative a possedimenti portoghesi in Africa e nelle Indie; un carattere più generale hanno i concordati con la Lettonia (1922), la Baviera (1924), la Polonia (1925), la Lituania, la Romania (1927), l’Italia, la Prussia (1929), il Baden (1932), l’Austria, la Germania (1933). Negli Stati la cui popolazione è quasi interamente cattolica la Santa Sede mira a fare riconoscere la religione cattolica come “religione di Stato”; in quelli dove i cattolici sono una presenza numerosa, maggioritaria o minoritario, tende a ottenere facilitazioni più o meno importanti su alcune questioni di educazione ed economiche; negli Stati dove i cattolici sono una piccola minoranza si appella al principio di libertà religiosa perchè la religione cattolica sia messa al pari delle altre confessioni .
«Col tempo, Pio XI dovette però convincersi che […] i fini degli Stati erano sempre più lontani da quelli della Chiesa. Proprio in questa prospettiva, allora, gli Stati autoritari, talvolta evoluti fino a diventare totalitari, mostravano così un volto molto più pericoloso degli Stati a regime democratico o liberaldemocratico, prima considerati con maggior diffidenza […]» . Questa svolta si verifica proprio dopo la conciliazione con lo Stato italiano e le polemiche suscitate dall’applicazione del concordato tra la Santa Sede e il Regno d’Italia:
quel “duce” che, immediatamente dopo la stipula dei Patti Lateranensi, era stato pubblicamente esaltato come colui che aveva saputo liberarsi dai cavilli e dai bigottismi del liberalismo, si trasformava poco dopo, altrettanto pubblicamente, nel “diavolo in persona” non solo perché stava clamorosamente rinnegando ciò che aveva solennemente sottoscritto, ma anche e soprattutto perché stava coltivando desideri di “conquiste” che avrebbero inevitabilmente sovvertito la pace internazionale .
Nel 1931 il fascismo promuove una campagna polemica contro l’Azione Cattolica Italiana (ACI) e la Federazione Universitaria dei Cattolici Italiani (FUCI), tanto che alla fine del mese di maggio il duce autorizza i prefetti a sciogliere i circoli di queste associazioni. Pio XI reagisce con l’enciclica Non abbiamo bisogno, uscita il 29 giugno 1931 in lingua italiana e non nel tradizionale latino, in cui protesta contro la pretesa dello Stato di avere il monopolio delle associazioni giovanili e giunge a «esprimere con chiarezza una condanna che [implica] la non liceità morale del giuramento di fedeltà al “Duce”» . Agli inizi di settembre Santa Sede e governo italiano trovano un accordo, che porta alla eliminazione dei vertici centrali dell’ACI e alla sua organizzazione su base diocesana .
Più che l’Italia, sono le situazioni politiche del Messico, della Russia, della Spagna e della Germania a preoccupare il papa. Ma siamo ormai alla fine di questa nostra carrellata. Carlo Liviero muore il 7 luglio 1932, lo stesso anno in cui i vescovi tedeschi, consapevoli dei pericoli del nazismo, vietano ai cattolici di inscriversi al partito nazionalsocialista.
Carlo Liviero vive un periodo della storia della Chiesa italiana particolarmente complesso e ricco di fatti. Il suo ministero sacerdotale prima ed episcopale poi si svolge durante l’arco cronologico delimitato dai pontificati di Leone XII e Pio XI, due papi che hanno avviato i primi passi del magistero sociale della Chiesa con le note encicliche Rerum novarum (1891) e Quadragesimo anno (1931). Diamo oggi uno sguardo a cosa avviene nella Chiesa degli anni nei quali visse il beato Carlo Liviero, nel tentativo di capire quali tratti della sua spiritualità abbiano risentito del clima religioso del tempo e quali elementi della vita della Chiesa del suo tempo Carlo Liviero abbia colto e sviluppato.
Quando nasce a Vicenza, il 29 maggio 1866, l’Italia è unificata da pochi anni. Anzi, il processo di unità nazionale è iniziato con la proclamazione del Regno d’Italia il 17 marzo 1861, ma non è ancora compiuto. Sul piano politico, il nuovo stato presenta una matrice liberale a forti venature antireligiose. Il primo capo del governo è un cattolico, il toscano barone Bettino Ricasoli, ma la linea politica dominante è quella dell’ex Regno di Sardegna, caratterizzata da un atteggiamento ostile verso le istituzioni ecclesiastiche. Questa linea si mostra già nel 1860, quando il commissario regio per le province dell’Umbria e delle Marche sopprime tutti gli ordini e congregazioni religiose, a eccezione di alcune impegnate nell’assistenza e nell’insegnamento (tra queste, le Figlie della Misericordia di Città di Castello, rimaste in vita per il servizio da esse prestato nell’ospedale cittadino).
L’Italia unita si presenta come uno Stato con profonde differenze territoriali, specialmente tra le regioni in avanzata fase di industrializzazione e quelle dove l’economia agricola mantiene spesso un carattere di semplice sussistenza.
Una seconda tappa del processo di unificazione si compirà proprio nel 1866, con l’ingresso dell’Italia nella guerra tra la Prussia e l’Austria-Ungheria, avvenuto il 16 giugno. Al termine della guerra l’Italia, alleata della Prussia, ottiene il Veneto (salvo l’Ampezzano), il Friuli occidentale e la provincia di Mantova, mentre rimangono all’impero austro-ungarico il Trentino, il Friuli orientale, la Venezia Giulia e la Dalmazia. Il territorio veneto viene consegnato al Regno d’Italia il 19 ottobre 1866 e i successivi 21 e 22 ottobre l’annessione viene sancita da un plebiscito. Di per sé, quindi, Carlo Liviero nasce suddito dell’impero austro-ungarico.
Nel periodo della guerra viene approvata la legge n. 3036 del 7 luglio 1866, che incamera nel demanio dello Stato i beni delle corporazioni religiose e impone il ritorno dei religiosi alle proprie famiglie d’origine. Approvata a poche settimane dall’inizio della terza guerra d’indipendenza contro l’Austria-Ungheria (23 giugno – 3 ottobre 1866), la legge autorizza la confisca a favore del demanio dei beni degli Ordini e delle congregazioni religiose nell’intento di sanare il deficit del bilancio statale. Sotto la pressione del deficit di bilancio, la legge è frettolosamente approvata dalla sola Camera e varata dal governo senza l’approvazione del Senato, a motivo dei poteri speciali accordati all’esecutivo dallo stato di guerra contro l’Austria-Ungheria. Successivamente, con legge n. 3848 del 15 agosto 1867 , sono incamerati i beni ecclesiastici. La legge, che disciplina la soppressione di enti ecclesiastici e la liquidazione dell’asse ecclesiastico, riguarda circa 25.000 enti, il cui patrimonio è confiscato dallo Stato. Le terre confiscate sono messe all’asta a partire dal 26 ottobre 1867.
Queste leggi provocano profonde ferite nel tessuto ecclesiale e contribuiscono a mettere in guardia le comunità cristiane nei confronti del nuovo Stato. Tutto questo, non favorisce la partecipazione del cattolici alla vita pubblica, ma non evita il loro impegno sociale. Nei decenni successivi, proprio gli sviluppi delle esperienze sociali collegate ai movimenti di Democrazia Cristiana smentiranno nei fatti la separazione tra azione sociale e azione politica che sarà proposta dal magistero del Leone XIII .
Una terza tappa del processo di unificazione nazionale si ha il 20 settembre 1870, con l’ingresso in Roma dei soldati italiani attraverso la famosa breccia di Porta Pia. Questo fatto rappresenta uno dei momenti più drammatici del Risorgimento nazionale. Per i cattolici in particolare, segna l’inizio di una lunga parentesi di assenza dalla scena politica, che si chiuderà solamente nel 1913. Papa Pio IX, infatti, come reazione alla invasione dello Stato della Chiesa da parte del Regno d’Italia chiede ai cattolici di non partecipare alla vita politica, ma non alla vita sociale.
Sul piano economico, l’Italia di questi anni è ancora un Paese largamente agricolo, nel quale comincia a verificarsi uno slancio industriale a partire dal 1880 circa, ma fino al 1910 circa l’artigianato e la piccola industria mantengono il primato rispetto alle aziende di medie dimensioni . Lo sviluppo dell’industria fa crescere un nuovo ceto socio-professionale, quello degli operai, che dal 1854 si organizzano in organizzazioni operaie cattoliche: nel 1897 queste organizzazioni sono 784, specialmente in Lombardia, ma anche in Veneto, a Roma, Napoli e Genova.
Nei primi anni di vita di Carlo Liviero sono papi Pio IX (fino al 1878) e Leone XIII. Personalità per certi aspetti molto diverse, entrambi i papi condannano il razionalismo e il laicismo: condannano il matrimonio civile e il divorzio e rivendicano i diritto della Chiesa in materia di insegnamento, polemizzano contro i sistemi filosofici moderni e recuperano la Scolastica, il liberalismo laicista e i tentativi di secolarizzazione della società. Di fronte al clima politico postunitario, sia Pio IX prima che Leone XIII sono profondamente convinti che la totale indipendenza politica del papa nei confronti dell’Italia sia condizione indispensabile per l’indipendenza religiosa della Sede Apostolica e della Chiesa .
Per molti aspetti il pontificato di Leone XIII si pone in continuità con quello di Pio IX, ma per altri segna «una svolta nella storia della Chiesa contemporanea», caratterizzata dalla «preoccupazione di non far più apparire il cattolicesimo come qualcosa che si muovesse in senso opposto alle aspirazioni del tempo» .
È in questo clima ecclesiale e culturale che il giovane Carlo Liviero comincia il suo cammino di fede, avverte la chiamata di Dio, avvia la formazione al sacerdozio, compie gli studi nel Seminario diocesano di Padova, città nella quale, nel 1889, Giuseppe Toniolo, tra i maggiori esponenti del cattolicesimo sociale del tempo, fonda l’Unione Cattolica per gli Studi Sociali in Italia .
Carlo Liviero è ordinato prete nel 1888, anno nel quale la Chiesa celebra il 50° anniversario di ordinazione sacerdotale del papa. Un clima profondamente segnato dall’opposizione di Leone XIII alla massoneria, che in quel periodo si mostra particolarmente aggressiva nei confronti della Chiesa, specialmente in Italia: «non vi è documento pontificio riguardante problemi italiani o francesi in cui non si parli della congiura internazionale, messa segretamente in atto dalla massoneria contro la Chiesa per sostituire a quella cristiana una nuova forma di civiltà, basa sul rifiuto dei diritti di Dio in nome della sovranità della ragione umana» .
Sul piano della vita cristiana Leone XIII promuove un rinnovamento basato «sulla regola frequenza ai sacramenti e sull’esaltazione di varie forme di devozione eucaristica (incoraggiamenti ripetuti ai congressi eucaristici locali, nazionali o internazionali) e di altre devozioni care al suo predecessore: il culto del Sacro Cuore, al quale consacrerà l’umanità in occasione dell’anno santo 1900; quello di san Giuseppe, presentato come modello per i padri di famiglia e i lavoratori manuali; la devozione alla Madonna, soprattutto sotto la forma del rosario, che sarà l’oggetto di nove encicliche e di sette lettere apostoliche» .
Sul piano sociale, con Leone XIII ha inizio un’attenzione nuova al mondo operaio, in parte per la paura della diffusione del socialismo, ma anche nel desiderio di trovare nelle masse popolari che stanno per ottenere il diritto di voto il contrappeso alle politiche anticlericali del liberalismo borghese . Dal 1887 il papa appoggia il tentativo di organizzazione delle forze cattoliche promosso dall’Opera dei Congressi (organizzazione laicale sorta nel 1875) e dai suoi dirigenti intransigenti sul piano politico, «ma pronti a ogni sforzo su quello sociale per conservare alla Chiesa, nella sua opposizione alla classe dirigente liberale, le simpatie popolari» . Nel congresso di Bologna del 1876 l’Opera dei Congressi critica fortemente le «situazioni sociali penose come le lunghe ore di lavoro e l’impiego di donne e bambini in lavori particolarmente faticosi» . Nel 1891, poi, Leone XIII promulga la nota enciclica Rerum novarum, con la quale prende avvio il magistero sociale della Chiesa. Sono questi gli anni in cui la coscienza di un’azione sociale è acquisita anche dallo Stato, che lentamente, tra 1882 e 1898, comincia a legiferare anche in questo campo: l’assicurazione legale per gli incidenti sul lavoro è introdotta per legge solamente nel 1898. Questo ritardo è attribuito alla connessione tra lo sviluppo tecnologico e industriale con le teorie utilitaristiche dei settori liberali dominanti, che si oppongono alle necessità degli operai . Dal canto suo la Chiesa aveva condannato le tesi dell’utilitarismo con papa Pio IX nel 1864 .
Sul piano delle organizzazioni operaie cattoliche, negli anni del pontificato di Leone XIII si assiste a un notevole sviluppo: «esse servivano all’aiuto vicendevole nel caso di necessità dovuta a vecchiaia, malattia e incidenti sul lavoro, abbracciavano ogni genere di aiuto e di attività comprese opere di beneficenza, prestiti, crediti, fino ai pellegrinaggi e al rafforzamento della religiosità cattolica» . Dal 1809, poi, comincia farsi strada la formazione di sindacati cristiani.
Come nota il Becker,
nel secolo XIX la questione sociale fu soltanto una parte di quella vasta sfida che veniva dalla società, dalla scienza, dalla nazione e dallo stato, e davanti a cui i cattolici dovevano prendere una posizione. Essi non potevano dare risposte già fatte a tutte queste sfide; e solo cercando queste risposte, i cattolici crebbero fino a costruire quel fenomeno d’insieme che oggi definiamo cattolicesimo politico e sociale. […]
Originariamente, ancora concepito quale parte di un contromondo cattolico, il complesso cattolico-sociale delle associazioni e cooperative si è sviluppato a livelli diversi e con molte varianti. […] Indubbiamente erano espressione dell’opposizione al liberalismo ideologico che avanzava nello stato, nella società, nella scienza. Ma rappresentarono pure un aspetto della modernizzazione, perché diedero a determinati gruppi nella società occasione per l’articolazione delle loro idee e per un’attività sociale ed educativo-costruttiva .
Un’azione, quella di Leone XIII, che si inserisce «nella visione globale ispiratrice di tutto il pontificato: la restaurazione cristiana della società, una soluzione soprannaturale alla crisi rivoluzionaria che scuoteva le fondamenta stesse della società e minacciava la pace nel mondo» . Questo non impedisce al papa di avviare un dialogo con la società moderna: «valendosi dei nuovi mezzi, egli vuole ricreare la situazione che è stata compromessa dalla progressiva laicizzazione dello stato, restituendo alla Chiesa il pieno esercizio di quella funzione di direzione e di guida che aveva costantemente esercitato nei secoli passati» . Leone XIII capisce che se la Chiesa vuole convertire il mondo «deve in primo luogo essere presente nel suo tempo invece di ripiegarsi in una sterile nostalgia del passato» .
Uno stile, questo, che il giovane don Carlo Liviero assume pienamente come proprio e che segna da subito il suo modo di essere prete e fare il parroco. Dal 1889 svolge il suo ministero a Gallio, dove si dedica alla sua missione pastorale manifestando ben presto quell’impeto e quell’ardore che saranno le caratteristiche di tutto il suo ministero. Da subito, Liviero vede le necessità spirituali e quelle materiali della sua gente strettamente unite, e si dedica con tutte le sue energie alla evangelizzazione e a quella che oggi chiameremmo promozione umana. A Gallio trova gente molto povera, per di più sfruttata da un ristretto gruppo di commercianti usurai, spesso costretta all’emigrazione. La vita religiosa ha profonde radici di fede, ma si esprime in forme tradizionali e prevalentemente devozionali. Don Carlo si adopera per migliorare le condizioni della popolazione mediante varie istituzioni: asilo infantile, casa di ricovero per gli anziani, cassa rurale, magazzino-cooperativa, edificio delle opere parrocchiali, società cattolica operaia agricola, cioè quelle varie opere delle quali papa Leone XIII aveva detto che sono «destinate a prendersi cura dell’operaio, della vedova, dei figli orfani, nei casi d’improvvisi infortuni, d’infermità, o di altro umano accidente» . Trasferito ad Agna nel 1899, ripeterà l’esperienza di Gallio con lo stesso stile pastorale e la stessa carità operosa:
L’apostolato di Mons. Liviero, fin da quand’era parroco, segue costantemente la strategia del doppio binario. Sulla prima linea scorre una poderosa azione religiosa e aggregativa (aspetto spirituale), mentre – in contemporanea – si muovono opere e iniziative per “soccorrere la miseria [morale e materiale] a costo di qualsiasi sacrificio” (aspetto sociale). I due aspetti o elementi sono sempre in perfetta simbiosi, come l’anima e il corpo nell’essere umano .
I suoi primi anni di ministero parrocchiale, tuttavia, si svolgono in un clima di irrigidimento da parte del papa nei confronti del mondo moderno, che gli studiosi attribuiscono in parte all’influenza esercitata sul vecchio papa dal cardinale Camillo Mazzella (1833-1900) negli anni ’90.
Dal punto di vista della pietà, i primi anni di ministero di Carlo Liviero – quelli che segnano maggiormente il suo stile pastorale – «segnano in genere nel campo della pietàil consolidamento delle forme di devozione sorte nel periodo precedente e la nascite di nuove iniziative. […] Due sono le caratteristiche dello sviluppo devozionale: una coscienza conservatrice in difesa della fede sempre più esposta a pericoli e dileggi, e un soggettivismo, proprio della corrente romantica, che personalizza sempre più la religione rendendola nutrimento dei sentimenti dei fedeli» .
Tra le varie devozioni di questo periodo, Carlo Liviero dimostra una particolare sensibilità verso quella al Sacro Cuore. Nel 1899 papa Leone XIII dedica esclusivamente al Sacro Cuore l’enciclica Annum sacrum (25 maggio 1899) e il 31 dicembre dello stesso anno affida l’umanità intera al Sacro Cuore. Lo stesso papa eleva il grado liturgico di questa festa . Un’altra devozione che si diffonde durante i pontificati di Pio IX e Leone XIII, come anche in quelli successivi di Pio X e Benedetto XV, è la cosiddetta “devozione al papa” , anch’essa ben presente nella sensibilità religiosa nell’azione pastorale di Carlo Liviero, che mette in atto una serie di iniziative che spaziano in tutti i campi della vita sociale; tra queste, sono poste sotto l’invocazione del Sacro Cuore la libreria “Sacro Cuore”” (1919); la fondazione della “Scuola tipografica del Sacro Cuore” (1912); la “Colonia marina Sacro Cuore” di Pesaro (1925); la “Sala cinematografica Sant’Egidio” (1931); l’“Ospizio Sacro Cuore” (1915); la fondazione della congregazione religiosa delle Piccole Ancelle del Sacro Cuore . Il Beato è consapevole che il Verbo Incarnato è la manifestazione più alta dell’amore di Dio, per questo pone la maggior parte della sua azione pastorale e sociale sotto il patrocinio del Cuore di Cristo, simbolo del Dio-agàpe.
Nel 1903 è eletto papa Giuseppe Sarto, che prende il nome di Pio X: «uomo di notevoli doti e per nulla sprovvisto di cultura», il nuovo papa era «diffidente per istinto verso le tendenze progressiste sia sul piano sociali che su quello delle idee, riteneva che la politica di apertura al mondo moderno seguita dal suo predecessore, se non condannabile in linea di principio, era stata condotta con troppo scarse precauzioni e rischiava di produrre nell’immediato futuro dolorose conseguenze» . Le sue qualità morali gli acquistano presta una larga simpatia e ne fanno «uno straordinario reggitore di uomini» .
Pio X imposta un programma pastorale per «reagire alla scristianizzazione e secolarizzazione della società che avveniva in nome della modernità”, e riaffermare senza il minimo compromesso i diritti della Chiesa a intervenire nella vita dei popoli per ristabilirvi l’ordine sociale voluto da Dio»:
davanti agli spettacolari progressi di un liberalismo antireligioso, di un socialismo materialista e di un orgoglioso scientismo, che intendevano promuovere la venuta di un mondo nuovo in cui l’uomo si sarebbe liberato del bisogno di Dio, al nuovo papa sembrava assolutamente necessario mettere in guardia i cattolici, abbagliati e impressionati dalla sicurezza dei loro avversari, contro la tentazione di cercare con troppa fretta un compromesso prima di aver sufficientemente lasciato decantare le rivendicazioni dello spirito moderno per poterne liberare con sicurezza ciò che esse contenevano di accettabile e di fecondo .
L’orientamento reazionario di Pio X si manifesta soprattutto in campo dottrinale, con la condanna del modernismo nel 1907, ma l’etichetta di “reazionario” o “conservatore”, che pure continua a rimanere in una parte dell’opinione comune, non si addice a definire appieno questa figura di papa che, «così conservatore sotto molti punti di vista, fu nel medesimo tempo uno dei più grandi pontefici riformatori della storia, forse “il più grande riformatore della vita interna della Chiesa dopo il concilio di Trento”» . Una riforma basata sulla comunione eucaristica frequente e la comunione ai bambini, la semplificazione del rito della messa, la restituzione della sua importanza al ciclo liturgico domenicale rispetto a quello dei santi, la dimensione sacrificale della celebrazione eucaristica, il ruolo della liturgia nella vita spirituale dei fedeli, lo sviluppo del senso cattolico, la riconduzione della musica liturgica alle tradizioni cattoliche, il rinnovamento dell’insegnamento catechistico, il miglioramento della formazione culturale del clero, l’aggiornamento del diritto (con l’avvio della redazione del primo codice di diritto canonico) e delle istituzioni ecclesiastiche, anche a livello centrale (con la riforma della curia romana nel 1908), il coinvolgimento dei laici nella pastorale parrocchiale :
il primo obiettivo di Pio X era quello di intensificare la vita sacramentale dei fedeli e di pregare di più e meglio. A un secondo aspetto egli non dava minore importanza: occorreva fare attenzione che il popolo cristiano fosse istruito nella sua religione in modo più sistematico che d’abitudine, attirando l’attenzione sull’importanza eccezionale dell’insegnamento del catechismo. […] Unendo l’esempio alle esortazioni e ai decreti, continuava ogni domenica in Vaticano a spiegare il catechismo al numeroso pubblico che accorreva per ascoltarlo .
Dell’insegnamento sociale di Leone XIII, Pio X sviluppa gli aspetti più conservatori, ma non manca di sollecitare i preti perché si interessino della questione sociale . Un altro elemento che lo pone in continuità con il suo predecessore è la devozione al Sacro Cuore , ma il suo programma pastorale è caratterizzato soprattutto dall’attenzione all’Eucarestia e alla pratica della comunione eucaristica frequente. Tra il maggio del 1905 e il luglio del 1907 si pronuncia ben dodici volte in questo senso, ma l’atto principale è il provvedimento della Congregazione del Concilio del 20 dicembre 1905, con il quale si pongono le condizioni per accostarsi all’Eucarestia: lo stato di grazia e la retta intenzione. Successivamente, l’8 ottobre 1910, la Congregazione dei Sacramenti anticipa a sei-sette anni l’età alla quale ammettere i bambini alla prima comunione, che in precedenza veniva amministrata a dodici-quattordici anni . Devozioni al Sacro Cuore alla Vergine Maria, eucarestia, catechesi, liturgia: questi “pilastri” sui quali poggia il programma pastorale di papa Pio X sono assunti anche da Carlo Liviero, il quale li fa propri e li sviluppa prima da parroco e poi da vescovo, uniti a un’intensa azione sociale e a un’opera di promozione dal laicato di entrambi i sessi e di varie età.
Ex parroco di campagna, come amava definirsi, papa Pio X va a scegliere i vescovi proprio tra il clero in cura d’anime. Proprio l’Alta Valle del Tevere rappresenta un chiaro esempio della linea scelta dal papa per la nomina dei vescovi: nel 1910 sceglie don Carlo Liviero per la sede di Città di Castello e nel 1911 don Pompeo Ghezzi per quella di Sansepolcro. Due preti del nord (uno padovano e l’altro milanese), con alle spalle un percorso pastorale molto simile, caratterizzato da un forte impegno sociale e dalla promozione di varie opere assistenziali, educative ed economiche per la promozione culturale e sociale delle masse contadine e operaie.
Pio X muore nella notte tra il 20 e il 21 agosto del 1914, a pochi mesi dallo scoppio della Grande Guerra. Il 3 settembre è eletto papa il cardinale Giacomo Della Chiesa, che assume il nome di Benedetto XV. Fin dai primi giorni del suo pontificato Benedetto XV rinnova con fermezza la condanna della guerra già pronunciata dal suo predecessore poche settimane prima della morte e si impegna per favorire la pace, rivelando la consapevolezza della «natura paterna e pastorale della missione del pontefice», che richiama Gesù buon pastore e definisce il proprio compito un «abbracciare, con viscere di paterna carità, tutti quanti i suoi agnelli e le sue pecorelle» . La grande consapevolezza della paternità del papa e del vescovo lo porta a intendere l’insubordinazione non come lesione del dovere, bensì come offesa all’autorità e alla sua paternità. Nella sua prima enciclica, del 1° novembre 1914, condanna vigorosamente la guerra, ampia al mondo intero gli orizzonti della politica della Sede Apostolica, individua i mali che affliggono la società contemporanea e ne indica i rimedi: mali sono la mancanza di reciproco amore tra gli uomini, il disprezzo dell’autorità, l’ingiustizia nei rapporti sociali e la prevalente ricerca di beni materiali, il nazionalismo e il razzismo. Il papa condanna il socialismo e affida alle organizzazioni cattoliche il compito di diffondere e attuare la dottrina sociale della Chiesa. Benedetto XV si propone innanzi tutti di sopire i contrasti tra i cattolici attraverso l’obbedienza al magistero e il rispetto delle opinioni altrui. Grande attenzione il papa dedica alla promozione del laicato, attraverso l’associazionismo, e alla formazione del clero .
Per il papa il laicato costituisce «lo strumento più vivace di contatto e di comunicazione con la società»:
gli scopi del papa sono chiari: puntare alla preparazione di laici di alto livello spirituale e di solide capacità professionali e unificare tutte le forze in un organismo unitario, tale da cooperare efficacemente al progetto pastorale di una nuova immissione di fermenti religiosi e morali nel tessuto sociale moderno .
Particolarmente forte è il suo impegno contro la guerra, fin dal 1914; il 6 agosto 1917 condanna quella che definisce «inutile strage». In un primo tempo utilizza vie diplomatiche per indurre una delle due parti in lotta alla pace ma poi, visto inutile ogni sforzo, nell’ultimo anno di guerra sceglie un «eloquente silenzio» e preferisce rivolgersi principalmente agli ambienti ecclesiali:
questo secondo aspetto diviene rapidamente prevalente e può essere efficacemente simboleggiato dall’appoggio dato dal papa alla diffusione della devozione al Sacro Cuore nelle varie diocesi a livello popolare e nelle frequenti esortazioni a fare dell’immagine del Sacro Cuore di Gesù il centro della pietà delle famiglie, mentre si ripetono le consacrazioni pubbliche. Non si tratta evidentemente di un’accentuazione pietistica o di un ripiegamento intimistico, ma – almeno nei propositi pastorali di Benedetto XV – di una maniera di ridare senso interiore alla prassi cristiana e alle stesse realtà sociali, in vista di una conversione dall’interno del mondo contemporaneo .
Benedetto XV è legato alla vita e all’azione pastorale di Carlo Liviero per l’approvazione, nel 1916, della sua più grande “opera”: la congregazione delle Piccole Serve del Sacro Cuore, poi Piccole Ancelle del Sacro Cuore. Si tratta di uno degli oltre 170 istituti religiosi sorti tra 1878 e 1922 e intitolati al Sacro Cuore. Tra Leone III e Benedetto V (cioè tra 1878 e 1922) gli istituti di vita consacrata vivono una notevole ripresa, evidenziata da alcuni dati: nel 1880 i Benedettini sono nel mondo 2.765, nel 1920 saranno 7.038; i Domenicani sono 3.341 nel 1876 e 6.137 nel 3.137 nel 1931; i Gesuiti passano dai 9.385 del 1875 ai 19.176 del 1925; i Salesiani, che nel 1875 sono 171, nel 1925 sono 5.611. Ancora maggiore è l’incremento registrato dagli istituti femminili: in Italia le Figlie della Carità Canossiane sono508 nel 1900 e 2.006 nel 1925; nel 1932 le Suore della Carità dette di Maria Bambina, fondate un secolo prima, sono 6.556. Ancora in Italia, nel 1881 le religiose sono 28.172, nel 1921 sono 71.679 . È evidente la ripresa di Ordini antichi, ma la maggior parte di religiosi e religiose di questo periodo appartiene a istituti di tipo nuovo . Questi nuovi istituti sviluppano elementi spirituali particolari quali la «possibilità di condurre una vera vita religiosa (e spirituale) vivendo più a contatto con il mondo e con opere di vita attiva»:
la spiritualità, quindi, trova nutrimento nella stessa vita attiva, nello stesso mondo in cui si opera; anzi, si sottolinea che la spiritualità non va cercata al di fuori di ciò che si fa. Con i nuovi istituti si evolve anche il concetto (e quindi l’applicazione spirituale) dei termini di “apostolo” e di “missionario”. Riservati entrambi ai sacerdoti certamente ancora agli inizi del secolo XIX, dopo il 1850 essi passano ai membri dei nuovi istituti, anche femminili, che nei loro stessi titoli assumono le qualifiche di “missionarie” o di “apostole” .
L’ultimo papa della vita di Carlo Liviero è Pio XI, eletto il 2 febbraio 1922, a meno di un mese dalla morte di Benedetto XV. Particolarmente attento alla missione ad gentes e al carattere universale della Chiesa, Pio XI mostra una notevole attenzione anche al laicato:
nell’enciclica programmatica del suo pontificato si rivolse ad esso definendolo “stirpe eletta, regale sacerdozio, gente santa, popolo di Dio” con le più alte espressioni di riconoscimento, “perché solo in questo regno di Dio si dà quella vera eguaglianza di diritti, per la quale tutti sono nobili e grandi della stessa nobiltà e grandezza, nobilitati dal medesimo sangue di Cristo”, perché “quelli che presiedono non sono che ministeri del bene comune, servi dei servi di Dio, degli infermi, specialmente, e dei più bisognosi, nell’esempio di Cristo nostro Signore”. La distinzione tra clero e laicato trovava così il proprio fondamento in Gesù Cristo, secondo la tendenza, molto radicata nel pensiero di Pio XI, di trovare l’unità nella diversità e la diversità nell’unità .
La sua concezione del laicato come parte integrante della Chiesa (non solamente compreso nella Chiesa, come fino a quel momento si era prevalentemente ritenuto) spiega anche la sua predilezione per l’Azione Cattolica. […] Innanzitutto intese attribuirle un carattere religioso, separandola istituzionalmente dall’attività socio- politica e facendone la forma organizzativa della partecipazione del laicato alla vita della Chiesa. Lungi pertanto dall’essere qualcosa di accessorio, diventava invece elemento costitutivo della Chiesa stessa .
Nella concezione di Pio XI l’azione dei fedeli riuniti sotto le direttive del papa e dei vescovi assume un particolare rilievo negli Stati di tradizione cattolica, nei quali l’associazionismo di Azione Cattolica diventa «uno strumento privilegiato della ricostruzione cristiana auspicata dal papa». Pio XI, come sarà anche per il suo successore Pio XII, resta legato «a quel progetto di restaurazione della società cristiana o di ricostruzione della cristianità che affonda le sue radici molto indietro nel tempo, negli anni stessi della Restaurazione, agli inizi del secolo precedente» .
Pio XI si pone all’origine dell’ecclesiologia cristocentrica e della spiritualità eucaristica che caratterizzano questo periodo. Promuove un profondo rinnovamento spirituale, sia utilizzando i giubilei (ordinario del 1925, straordinario del 1929 e del 1933) sia attraverso le numerose beatificazioni e canonizzazioni, tra le quali quelle di Teresa di Lisieux, Giovanni Bosco, Giuseppe Cottolengo, Bernardette Subirous, Jean Marie Vianney. Significativa, inoltre, la sua attenzione verso i moderni mezzi di comunicazioni, attenzione condivisa con il beato Carlo Liviero: nel 1931 il papa inaugura la Radio Vaticana, la cui fondazione era stata affidata a Guglielmo Marconi; nel 1936 dedica un’enciclica al cinematografo (Vigilanti cura). Aperto alle scienze, nel 1936 rifonda l’Accademia dei Nuovi Lincei come Pontificia Accademia delle Scienze; progressivamente, nel corso del pontificato supera quella componente di antimodernismo che è presente alcuni suoi atti iniziali; riforma i programmi delle scuole dei Seminari e delle università ecclesiastiche, aggiornandoli e specializzandoli .
Nei primi anni del pontificato di Pio XI si affermano in molti Paesi d’Europa i regimi totalitari. Inizialmente il papa non si dimostra contrario a questo tipo di conduzione dello Stato, che semplifica i rapporti Stato – Chiesa ed evita alla Chiesa di ricorrere alla mediazione dei partiti, quasi come se fosse una tra le altre parti. Fino al 1929 Pio XI rimane dell’idea che gli Stati autoritari si potesse impegnare, attraverso lo strumento del concordato, all’accettazione della libertà della Chiesa Cattolica. L’uso di concordati, o altre forme di patto, con gli Stati assume caratteri differenti da Stato a Stato: nel 1926 sono stipulate con la Francia due intese sulle associazioni diocesane; nel 1927 il modus vivendi con la Cecoslovacchia riguarda la nomina dei vescovi e la coincidenza delle circoscrizioni ecclesiastiche con i confini nazionali; le convenzioni con il Portogallo del 1927 e del 1928 riguardano alcune questioni relative a possedimenti portoghesi in Africa e nelle Indie; un carattere più generale hanno i concordati con la Lettonia (1922), la Baviera (1924), la Polonia (1925), la Lituania, la Romania (1927), l’Italia, la Prussia (1929), il Baden (1932), l’Austria, la Germania (1933). Negli Stati la cui popolazione è quasi interamente cattolica la Santa Sede mira a fare riconoscere la religione cattolica come “religione di Stato”; in quelli dove i cattolici sono una presenza numerosa, maggioritaria o minoritario, tende a ottenere facilitazioni più o meno importanti su alcune questioni di educazione ed economiche; negli Stati dove i cattolici sono una piccola minoranza si appella al principio di libertà religiosa perchè la religione cattolica sia messa al pari delle altre confessioni .
«Col tempo, Pio XI dovette però convincersi che […] i fini degli Stati erano sempre più lontani da quelli della Chiesa. Proprio in questa prospettiva, allora, gli Stati autoritari, talvolta evoluti fino a diventare totalitari, mostravano così un volto molto più pericoloso degli Stati a regime democratico o liberaldemocratico, prima considerati con maggior diffidenza […]» . Questa svolta si verifica proprio dopo la conciliazione con lo Stato italiano e le polemiche suscitate dall’applicazione del concordato tra la Santa Sede e il Regno d’Italia:
quel “duce” che, immediatamente dopo la stipula dei Patti Lateranensi, era stato pubblicamente esaltato come colui che aveva saputo liberarsi dai cavilli e dai bigottismi del liberalismo, si trasformava poco dopo, altrettanto pubblicamente, nel “diavolo in persona” non solo perché stava clamorosamente rinnegando ciò che aveva solennemente sottoscritto, ma anche e soprattutto perché stava coltivando desideri di “conquiste” che avrebbero inevitabilmente sovvertito la pace internazionale .
Nel 1931 il fascismo promuove una campagna polemica contro l’Azione Cattolica Italiana (ACI) e la Federazione Universitaria dei Cattolici Italiani (FUCI), tanto che alla fine del mese di maggio il duce autorizza i prefetti a sciogliere i circoli di queste associazioni. Pio XI reagisce con l’enciclica Non abbiamo bisogno, uscita il 29 giugno 1931 in lingua italiana e non nel tradizionale latino, in cui protesta contro la pretesa dello Stato di avere il monopolio delle associazioni giovanili e giunge a «esprimere con chiarezza una condanna che [implica] la non liceità morale del giuramento di fedeltà al “Duce”» . Agli inizi di settembre Santa Sede e governo italiano trovano un accordo, che porta alla eliminazione dei vertici centrali dell’ACI e alla sua organizzazione su base diocesana .
Più che l’Italia, sono le situazioni politiche del Messico, della Russia, della Spagna e della Germania a preoccupare il papa. Ma siamo ormai alla fine di questa nostra carrellata. Carlo Liviero muore il 7 luglio 1932, lo stesso anno in cui i vescovi tedeschi, consapevoli dei pericoli del nazismo, vietano ai cattolici di inscriversi al partito nazionalsocialista.