Mons. Carlo Liviero fondò la Congregazione delle Piccole Ancelle del sacro Cuore  il 15 agosto 1915, non per dar vita ad un’opera, che egli già aveva intrapresa,ma per mantenerla e svilupparla, un’opera cioè di riscatto e di promozione, oggi diremmo di sviluppo umano integrale, che nacque tra quei bambini cui verso cui Mons. Liviero si dedicò fino a morire per essi.


All’inizio del novecento, appena divenuto Vescovo di Città di Castello, Liviero operava non solo ‘per’, ma ‘con’ i ragazzi più poveri e abbandonati in una città che stava vivendo uno sviluppo tumultuoso, afflitto purtroppo da immense sacche di povertà, di violenza. Inoltre, si stava infittendo una ‘cintura nera’ fatta di baracche affollate dagli immigrati più poveri. Ondate sempre più numerose di famiglie contadine poverissime e di giovani soli abbandonavano le campagne e venivano a cercar lavoro e fortuna nella città, affollandosi nelle catapecchie che nascevano qua e là. Quei giovani, molti appena ragazzi, se non ancora bambini, venivano impiegati e sfruttati nei grandi cantieri della zona, nelle imprese manifatturiere, filande, concerie, fornaci, fabbriche.

La sconcertante attualità di situazioni di questo tipo riempie gli occhi e l’anima di tutti quelli tra noi che visitano Paesi poveri, ma anche di quelli tra noi che hanno occasione di entrare in

contatto con le sacche di povertà e violenza della nostra società. È proprio la dimensione mondiale che assumono questi fenomeni che spinge a richiamare con forza l’attenzione su Liviero per imparare da lui a “educare con il cuore di Dio, per lo sviluppo integrale della vita dei giovani, soprattutto i più poveri e svantaggiati, promuovendo i loro diritti”.

L’opera del poverissimo Vescovo cominciò  sotto una tettoia, in un orto in disuso dove venivano fabbricate candele per questo denominato Orto della Cera e diede vita a una scuola vescovile, a laboratori per avviare all’arte e mestieri, una “casa” per bambini resi orfani dalla guerra, l’impegno incessante per lotta contro le ingiustizie e soprusi ma ciò che fu la sua vera anima, Il suo carisma di  santo educatore ed educatore santo, fu il suo amore per i ragazzi più poveri ed abbandonati che ha anticipato,sotto tanti e molteplici aspetti, teorie ed opzioni della moderna pedagogia e, in particolare, la visione che oggi definiamo basata sui diritti umani dei bambini e degli adolescenti.

In un contesto in cui il bambino, il ragazzo “bisognoso”, perché povero, analfabeta, abbandonato, migrante è visto come un deviante, una minaccia per la società, cui corrispondono politiche repressive da parte delle istituzioni, mons. Liviero ribalta la visione e l’approccio educativo, e dà fiducia al ragazzo, crede nelle sue capacità come persona, soggetto del proprio sviluppo e di quello della comunità in cui vive, il ragazzo emarginato non è un beneficiario passivo, un semplice destinatario di assistenza, al quale offrire delle cose e dei servizi.

Questa è una nuova visione del ragazzo emarginato, della relazione educativa tra educando ed educatore, che anticipa quella visione del ragazzo come soggetto di diritti, che la Convenzione di New York ha sancito per la prima volta vent’anni fa, il 20 novembre del 1989, in uno strumento di diritto internazionale oggi legalmente vincolante per 193 Stati.

L’ideale di Carlo Liviero  ha oggi una grande attualità ed un’ampia proiezione sociale: vuole collaborare con molte altre agenzie alla trasformazione della società, lavorando per il cambio di criteri e visioni di vita, per la promozione della cultura dell’altro, di un atteggiamento costante di impegno per la giustizia e la dignità della persona umana.

Tocchiamo con mano ogni giorno il fatto di aver costruito un sistema non solo finanziario ma anche economico basato su dei falsi valori. Tocchiamo con mano i danni fatti all’ambiente e l’impatto che questi hanno sul clima, sui popoli, sullo sviluppo.

È il momento di propugnare autenticità, solidarietà, sobrietà, per una nuova cittadinanza mondiale attiva e responsabile, in grado di scardinare l’angusto concetto di cittadinanza anagrafica e/o nazionale nel nome di una cittadinanza planetaria, per rimuovere le cause profonde di ingiustizia, di povertà, di esclusione. Il nostro lavoro con i più poveri, i più bisognosi, non può essere un’opera “palliativa” per attutire la sofferenza, ma deve essere trasformatore della società.

Come figli di Mons. Liviero, eredi e depositari del suo carisma, la sfida è per noi incentrata però, più che sulla denuncia, sulla prevenzione, sull’educazione preventiva, sul rompere il circolo vizioso che perpetua le continue violazioni dei diritti umani e della dignità della persona, sul promuoverne una cultura diffusa, capace di uscire dalle stanze dei giuristi e dei filosofi del diritto per farsi patrimonio dell’umanità.

La sfida per noi è quella di educare i giovani alla partecipazione e all’impegno individuale e sociale per lo sviluppo umano, a farsi soggetti attivi di una nuova cittadinanza mondiale responsabile.

Di fronte alla “emergenza educativa” che caratterizza l’attualità con grandi polarità e ambivalenze, di fronte ad un’educazione che spesso è considerata in una “logica di mercato”, di fronte ad un’educazione troppo spesso asservita al mantenimento di uno status quo che continua a privatizzare la ricchezza e a socializzare ogni forma di povertà, di fronte alla frattura tra educazione e società, al divario tra scuola e cittadinanza, accogliamo la sfida che Liviero ci “consegna” per valutare la qualità delle nostre proposte educative, la capacità di far maturare nei

giovani, e non solo, i valori universali di rispetto e di promozione della dignità della persona umana, di responsabilità personale e sociale per la giustizia e la solidarietà, di cittadinanza attiva.

In un contesto di laicismo militante ed esacerbato, che tende a cancellare valori che invece appartengono anche al mondo laico, i diritti umani sono uno strumento in grado di oltrepassare gli

angusti confini nazionali per porre limiti e obiettivi comuni, creare alleanze e strategie e mobilitare risorse. Promuovere i diritti umani come via per la promozione di una cultura di pace e di sviluppo umano, come impegno per la giustizia e la dignità di ogni persona sono la sfida di ieri ma anche dell’oggi.

Intorno a questa sfida siamo tutti e ciascuno chiamati ad unirci in un’alleanza incisiva ed efficace. A noi ora la responsabilità delle nostre scelte.

                                                                                                Sr Anna Paola Venditti

 

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